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E’ la Fine? (del Bull Market…)

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Siamo alla fine di un rialzo duraturo dei mercati? E’ ora di vendere tutto perché a breve ci sarà una nuova crisi o è meglio aspettare?

Sono bastati pochi giorni di ribasso (e decine di allarmi puntualmente apparsi sul Web) a creare panico tra gli investitori. Cosa ci riserverà il futuro e come muoversi in modo razionale sui mercati oggi?

Sono Giacomo Saver, il fondatore di Segreti Bancari e il direttore dell’Investment Club. Sono attivo sul web dal 2010 ma mi occupo di investimenti dal 1990, quando ancora ero uno studente di Ragioneria.

Grazie al mio passato di Private Banker ho gestito il patrimonio di clienti importanti (talvolta anche di nomi famosi dello sport e dell’imprenditoria), ma mi sono reso conto che le pressioni commerciali a vendere ciò che voleva la direzione delle banche per cui ho lavorato non faceva per me. Così con un coraggio pazzesco mi sono licenziato ed ho avviato la mia attività.

Le malelingue dicono che sono stato licenziato e che avrei fatto meglio a stare dov’ero ma i riconoscimenti che ho ricevuto affermano il contrario.

Ora sono libero di dire la mia e di mettere in campo la mia esperienza di esperto, ma soprattutto di investitore privato, per aiutare le persone con patrimoni superiori a 100.000 € ad investire in modo consapevole, semplice ed indipendente.

La nostra analisi su cosa è ragionevole attendersi dai mercati nel prossimo futuro parte dallo studio della storia e di alcuni indicatori molto misteriosi…

Si fa presto a gridare BOLLA BOLLA

Di fronte ad una salita dei mercati alcuni gridano: “alla bolla, alla bolla“, invocando lo spettro delle due crisi recenti che ogni investitore con i capelli bianchi (o calvo come me) ha ben presente nella sua memoria. Ma esaminiamo lo scenario in una prospettiva storica.

Nel 2000 il livello delle quotazioni azionarie era arrivato a livelli folli. Tralasciando il caso del Nasdaq e restando con i piedi ancorati al saldo pavimento dell’economia tradizionale, non possiamo ignorare che il rapporto tra il prezzo delle azioni e gli utili societari era fuori controllo.

Le azioni venivano comprate a qualunque prezzo, senza pensare a nient’altro che al guadagno istantaneo. Il rapporto P/U (o P/E per dirla all’inglese) aveva superato le 30 unità. Tradotto in termini semplici ci sarebbero voluti 33 anni circa di utili per recuperare il costo dell’investimento fatto comprando le azioni.

A condire il tutto ci furono le innumerevoli società che si quotavano in borsa, facendo nascere addirittura un Nuovo Mercato (così si chiamava il circuito di Borsa Italiana dedicato alle imprese tecnologiche, poi chiuso definitivamente a sbornia passata).

Il mercato cresceva da anni e all’improvviso aveva avuto una forte accelerazione, la finanza era diventata di moda e le azioni offrivano rendimenti piuttosto contenuti in termini di dividendi, al punto che per alcune società appena partite non si parlava neppure di prezzo/utili ma di prezzo/fatturato, perché gli utili semplicemente non c’erano.

A fare esplodere la bolla fu la constatazione che la crescita di un settore economico non si sarebbe tradotta in un aumento degli utili per le società che in esso operavano, in modo simile a quanto accadde in passato con lo sviluppo del trasporto aereo.

Il traffico aereo è senza dubbio cresciuto moltissimo, e chi prevedeva che l’importanza dell’aereo come mezzo di trasporto sarebbe cresciuto in modo esponenziale aveva ragione, ma molte compagnie non tradussero il progresso in utili, finendo in bancarotta. La stessa cosa avvenne con il boom della “New Economy”. Come cantavano gli 883: “stessa storia, stesso posto, stesso bar“.

Nel 2007 le cose andavano diversamente. Il rapporto Prezzo/Utili era basso, intorno a 16-17, e non c’erano avvisaglie di cadute immediate ma alcuni segni premonitori c’erano:

  • la curva dei tassi era invertita, con i titoli a breve scadenza che rendevano di più di quelli a lungo mentre in condizioni normali dovrebbe avvenire esattamente il contrario;
  • alcuni indicatori predittivi segnalavano la fine di un ciclo economico espansivo e l’arrivo di una recessione;
  • il prezzo delle case era salito enormemente.

Il ribasso arrivò e fu forte, ma nel giro di alcuni anni le quotazioni tornarono al punto di partenza.

Il Bugiardino dell’Investitore Disorientato

Capita spesso che gli investitori prendano male le misure. Come accade a me quando nuoto: a volte parto in sprint così brucio subito gran parte delle energie che mi sarebbero servite a coprire la distanza prefissata.

Molti investitori partono con l’idea di essere tali, dichiarandosi disposti a lasciare lavorare il proprio denaro per 7 o 10 anni, ma inevitabilmente al primo ribasso gli animi si scaldano e arriva la tensione, recentemente definita da uno Studio fatto da Consob, “ansia finanziaria”.

Premesso che investire comporta sempre dei rischi di cui è bene essere consapevoli PRIMA di effettuare un investimento, ecco una sintesi della situazione attuale con qualche pillola operativa.

Rapporti P/U sotto controllo

L’unico mercato che presenta un prezzo utili al limite è quello Usa (P/U dello S&P 500pari a 22). Europa ed Emergenti sono su livelli decisamente molto inferiori, intorno a 15 – 16. Se un basso rapporto P/U non è un indicatore da solo affidabile circa il futuro andamento delle borse (come insegna la crisi del 2007) possiamo però partire con un dato di fatto: il mercato oggi non è sopravvalutato per cui a innescare un forte ribasso dovrebbe essere “qualcos’altro”.

Gli indicatori macroeconomici che usiamo per ottimizzare i portafogli che seguiamo nell’Investment Club non danno alcun segnale di surriscaldamento, per cui verrebbe da pensare a uno storno fisiologico, una pausa di riflessione dopo mesi di salita ininterrotta, ma non la fine di un mercato rialzista.

Curva dei tassi “normale”

La curva dei tassi ha una forma “naturale”, con i rendimenti a lunga scadenza maggiori di quelli a breve termine. Il rendimento medio delle 1.600 azioni che compongono l’indice azionario mondiale MSCI WORLD è del 2%,  il rendimento di un bond decennale dell’area euro lo 0,40%. In finanza non esistono certezze perché la storia ci ha “regalato” anche scenari in cui i bond rendevano più delle azioni ciò nonostante queste ultime continuarono a salire.

Questo scenario si verificò negli Usa alla fine degli anni ’50, però anche da questo punto di vista non OGGI ci sono “anomalie” che potrebbero far pensare ad un ribasso imminente di grande portata.

A Frame to Remember

Riepiloghiamo alcune cose che sappiamo dal passato e dall’esperienza mia e del mio Team per trarre alcune conclusioni operative:

I rapporti P/U su livelli “normali” non danno alcun allarme circa la sopravvalutazione del mercato azionario. Un crollo dei mercati dovrebbe quindi avere origine in una contrazione brusca dell’economia, ma a meno che non siano i Bitcoin a generarla, ragioni “serie” non sembrano esserci. Gli indicatori macro continuano ad essere positivi ovunque, fatto salvo per gli Usa dove è atteso un rallentamento della crescita ma non certo una recessione.

La curva dei tassi non dà nessun segno premonitore di una possibile crisi di natura finanziaria, con i rendimenti dei bond a lunga scadenza maggiori di quelli a breve termine come è giusto che sia tanto negli Usa che in Europa.

Nervi saldi e tempi lunghi sembrano essere la soluzione migliore ma… come muoversi oggi e qual è la chiave per raggiungere una duratura crescita dei nostri investimenti?

La discussione continua nel prossimo post che sarà pubblicato mercoledì prossimo su questo sito…


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